venerdì 9 settembre 2011

Lo "sciopero" dei ricchi

Non è vero che anche i ricchi piangono, però anche i ricchi scioperano. Eh si, perchè quest'estate al termine di un periodo rovente per l'economia e la politica del nostro Paese, il pacato cittadino medio quello "da frittatone di cipolle e rutto libero", direbbe Fantozzi, non ha potuto gustarsi la prima giornata del nuovo campionato di calcio di serie A. Motivo? lo sciopero dei calciatori.
Questo termineè stato usato impropriamente dai giornalisti dei quotidiani dedicati (Gazzetta, Tuttosport e quant'altro) e dai mass-media televisivi  i quali hanno parlato di "sciopero" (termine appunto mai usato dall' Associazione Italiana Calciatori presieduta dall' ex-calciatore della Roma Damiano Tommasi) per non pagare il "contributo di solidarietà" che altro non è che una tassa extra imposta dal governo per i lavoratori che fatturano più di un certo reddito.


Poichè urge fare chiarezza e stemperare le indignazioni, diciamo che i calciatori hanno boicottato (ecco il termine corretto) la prima giornata di campionato non rispondendo alle convocazioni, in quanto non felici degli accordi siglati a inizio estate tra i presidenti  e la Federazione Italiana Giuoco Calcio. Il punto chiave è l'articolo 7 di una carta burocratica firmata dai presidenti di Lega e da Giancarlo Abete (Presidente della FIGC) che consente ai presidenti di "isolare" i cosiddetti "fuori rosa" (i giocatori che non rientrano nei piani tecnici della squadra ma comunque legati da un contratto con la società) con allenamenti e trattamenti a parte rispetto al resto della squadra.
I giocatori ritengono questo atteggiamento una forma di mobbing, della serie:  "io sono il padrone e tu stai dove dico io"; pertanto l'AIC ha deciso lo sciopero del massimo campionato in nome anche delle categorie inferiori (che però non si sono fermate).

La vera vergogna (altra parola di cui si è abusato, ora nei confronti dei calciatori ora dei presidenti) è che le due parti (una composta da  un gruppo di miliardari che guadagnano correndo in calzoncini e l'altra da avidi imprenditori che bramano di avvinghiare soldi,trofei e buoni giocatori e possibilmente tutto insieme) non siano riusciti a venirsi incontro,a trovare un accordo capace di accontentare tutti, tifosi compresi.

Già,i tifosi. Ormai sono visti come il contorno del calcio,nessuno pensa che se esiste il buisness nel pallone è grazie a loro,che pagano i biglietti, che comprano i gadgets, che guardano le partite in TV. I tifosi già  devono fronteggiare tornelli,devono farsi schedare per poter andare a sostenere la squadra del cuore,devono pagare prezzi insostenibili con la crisi per il biglietto e molti già scelgono la Pay Per View (Sky,che "fa miracoli" o Mediaset che ti "premia") per vedere un calcio ogni anno più povero. povero di talenti,povero di pubblico, povero di spirito.

Maurizio Avvenente

3 commenti:

  1. Le ultime due righe dell'articolo sono le più chiare ed esplicative: povertà che si può interpretare anche come pena...tutto molto penoso...soprattutto che tanti cosiddetti fans siano il perno di tutta questa messinscena delirante

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  2. I tifosi sono solo quelli che ci rimettono (e a tal proposito plauso alla TO del Genoa che ha indetto un abbozzo di "sciopero del tifo" per sensibilizzare le altre tifoserie su questo)...i veri colpevoli,come sempre,sono quelli che già comandano e già sono ricchi, mai disposti a venirsi incontro e a rinunciare a qualcosa.

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  3. In effetti l'unica soluzione potrebbe essere quella (sicuramente dolorosa per un tifoso) di stare fuori dallo stadio; altrimenti continuare a lamentarsi dell'assurdo giro economico del calcio e poi alimentarlo con i propri soldi è un controsenso. Ancor di più in un momento di crisi generale.

    Marco Vagnozzi

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